Non ne posso più di sentir parlare di moderati. E di veder associata la parola moderato a una carrellata di eccessi e smoderatezze. Non è la tiepida pisciatina del moderatismo la risposta adeguata ai problemi gravi, alla rabbia e alla disperazione d’oggi.
Sì, capisco il target e la ragione: accusare gli avversari di estremismo e compattare la maggioranza del Paese che dicesi moderata perché votava una volta la Dc, i partiti laici in funzione antisinistra, più qualche scampolo di destra al seguito,con guinzaglio. Ma l’espressione non dice nulla, non suggerisce un’idea di governo, un progetto per l’Italia, una cultura, un’identità; indica solo un temperamento, un tono e un modo. E su quel piano, se penso ai moderati degli ultimi anni sempre sopra le righe, o peggio ai loro alleati rozzi e scalmanati, mi viene da ridere a chiamarli così.
A me piacerebbe, al contrario, vedere leader e movimenti moderati nei modi e nei costumi, ma radicati e radicali nei contenuti, negli azzeramenti e nelle proposte. Però a questo punto perché chiamarli moderati? Diciamoli gentili, sobri e rigorosi, per le signorine di buona creanza definiamoli garbati, rispettosi degli altri, avversari inclusi; insomma con stile. Ma i contenuti no, non sono moderati.
Qui ci vogliono misure che non c’entrano con la moderazione: altezza e profondità, senso della grandezza e visioni lunghe. Gli italiani, diceva Longanesi, «sono estremisti per prudenza»; ma spesso sono moderati per oltranza. Moderati? Ma per favore, non pettinate le bambole in pieno sisma...
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia un tuo commento