martedì 29 maggio 2012

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se qualcuno vuole scrivere su questo blog può mandare un email a  noididestra2012@libero.it

E' ARRIVATO IL MOMENTO


E’ tempo che la politica riprenda in mano le redini del Paese. Che il centrodestra ritrovi compattezza e slancio ideale per fare fronte non solo alla disaffezione dei cittadini ma ai temi ben più preoccupanti della tenuta sociale e del rischio eversivo che torna ad affacciarsi come uno spettro. Il governo dei tecnici, presentato come salvifica terapia d’urto ad ogni male procurato dalla politica, mostra il suo fallimento nel nervosismo delle ultime esternazioni scaricabarile di Monti e nelle parole pronunciate oggi all’assemblea di Rete Imprese Italia dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, secondo il quale “il disagio sociale e diffuso legato alla mancanza di lavoro in Italia è più ampio di quello che le statistiche dicono”. Denunciando a chiare lettere il fatto che “è a rischio la tenuta economica e sociale del Paese”. A rincarare la dose, ci ha pensato il bollettino della Banca centrale europea, che con il consueto gelo espressivo rileva per il 2012 un ulteriore indebolimento dei mercati del lavoro nell’Eurozona.  A tutto questo hanno finora portato le ricette lacrime, tasse e sangue della tecnocrazia europea e, attualmente, alla guida del nostro Paese. Ricette asfittiche che stanno di fatto strangolando in Italia, sempre per citare il ministro Passera, “metà della nostra società”. E’ dalla putrefazione dell’asse Merkel – Sarkozy, e dalla contestuale situazione di stallo che vive l’intera Europa, e recependo le istanze che vengono dall’apertura delle urne, che il centrodestra italiano deve trovare nuova linfa per dare risposte alla società, rilanciando i valori di una destra che torni ad essere, come geneticamente è, distante dal mercantilismo tecnocratico, legalitaria e identitaria.

IL PARTITO CHE VORREMMO


IL PARTITO che VORREMMO Partiamo dalle cose concrete: Lo STATUTO . Onorevoli Parlamentari e Regionali non possono essere candidati a cariche di Partito. Possono fare max 2 mandati e poi tornano nel Partito per almeno una legislatura. Coordinatori Provinciali e di Circolo non possono partecipare ad elezioni e il potere decisionale spetta agli esecutivi regolarmente convocati. Bilanci trasparenti . IL PROGRAMMA . Una Destra possibile, realista aperta a tutto il mondo del centrodestra che vuole mantenere il sistema bipolare. Realmente liberale in economia senza assintenzialismi finalizzati al consenso ma con l'assoluta salvaguardia delle fasce " realmente " deboli. Nessuno che lo merita verra' lasciato solo. E soprattutto un vero , sentito NAZIONALISMO da cui far discendere tutti gli atti politici anche impopolari. Se nascera' un Partito cosi ci vedra' al suo fianco. Moreno

LE NOSTRE IDEE PER CAMBIARE

UNA MIGLIORE QUALITA’ DELLA MACCHINA PUBBLICA; l’obiettivo è una revisione della Pubblica Amministrazione nel senso dell’efficienza, e del merito, per abbattere privilegi, burocratismo, fenomeni parassitari e ridare al Comune un ruolo di affidabilità nei servizi.
Come?
·        Far conoscere ai cittadini i dati degli obiettivi e del funzionamento dei diversi rami della Pubblica Amministrazione, richiedendo al riguardo il loro giudizio;
·        ricorso a consulenze e appalti esterni solo quando è comprovata l’impossibilità di svolgere i medesimi compiti con le risorse di cui già dispone l’apparato pubblico;
adozione per le reti informatiche della Amministrazione Pubblica di programmi 

IL SOCIALE
La povertà
I poveri esistono, ci sono, anche in questa città che si sente ricca e ostenta il proprio benessere. I poveri ci sono e vanno aiutati. Molte organizzazioni volontarie e/o religiose se ne occupano, spesso in maniera encomiabile, ma questo non può e non deve essere una giustificazione perché il Comune faccia finta di niente. La collettività ha il dovere di occuparsi di coloro che fanno più fatica, perché la parola “comune” sta per comunità, e si occupa dunque di tutti senza distinzioni di nessun tipo, men che meno economiche. Il problema della povertà è un problema di tutti, non è un problema loro. I poveri non devono nascondersi, la città non deve far finta di non vederli.
LA CENTRALITÀ DELLA PERSONA Abbiamo in mente un sistema sociale che ponga alla propria base la centralità della persona, un sistema cioè, che intenda  come diritto da promuovere e tutelare, la tranquillità della persona.  La persona e i bisogni della famiglia, dei minori, dei giovani, degli anziani, dei disabili, dei poveri, degli immigrati, così come dei tossicodipendenti e dei più deboli saranno difesi e valorizzati, posti al centro della nostra azione di governo. In tale ottica, la programmazione dovrà realizzare uno sforzo teso a migliorare la conoscenza dei bisogni della persona sui quali fondare le risposte assistenziali. Il sistema socio-sanitario come parte determinante del Welfare sarà impostato a misura della nuova realtà sociale, economica, occupazionale e degli attuali bisogni dei cittadini, garantendo meno privilegi, meno sprechi e più politiche attive a favore della persona.
Come?
·        Revisione e riadattamento, conforme a tutto il distretto di Carate B.za, del regolamento di  erogazione di sostegni economici
·        Potenziamento di forme di collaborazione con le realtà del terzo settore ( Caritas, volontariato)
·        Conseguente potenziamento reale delle strutture private che svolgono assistenza alla persona ( croce verde, auser, sportello badanti)

Anziani  - La domiciliarietà
Lo sviluppo dell’assistenza domiciliare integrata (ADI) è ritenuto prioritario, essendo questo il servizio che oggi maggiormente esprime il valore di prossimità alle esigenze dei soggetti che presentano necessità assistenziali più o meno complesse legate alla loro condizione di non autosufficienza.
L’assistenza trasferita “dalla RSA alla propria abitazione”, quando possibile, è per noi la semplice constatazione che una rete efficiente di servizi di natura domiciliare non solo aumenta la qualità della vita della persona ma incide anche positivamente sulla sostenibilità dei costi del servizio prestato.

La famiglia
La famiglia è l’entità principale da cui dipende la stabilità della società. Il suo ruolo sociale è fondamentale per la società e per il futuro di giovani ed adolescenti, un ruolo caratterizzato da diverse funzioni, tutelate dall’ordinamento giuridico, ma delle quali è difficilissimo calcolare il peso. Il protagonista assoluto della nostra strategia di welfare sarà la famiglia, che aiuteremo nell’assunzione di competenze e responsabilità. Ciò non significa abbandonarla in una sorta di “welfare fatto in casa”, costruito per lo più sul lavoro non riconosciuto (e non pagato) delle donne all’interno della famiglia o su quello (spesso irregolare) di “collaboratori familiari” il cui costo ricade sempre sulla famiglia. Significa invece promuovere a livello di comunità locale una vera sussidiarietà solidale, che si traduce in una collaborazione concreta alle famiglie impegnate nei compiti di cura mediante interventi personalizzati, definiti non solo “per” la famiglia, ma anche “insieme” ad essa.
 Sostegno Al Reddito
Su questo fronte, ci impegneremo per adottare strumenti e azioni rivolti a fronteggiare la disoccupazione di ritorno attraverso il sostegno al reddito, ma soprattutto le politiche attive del lavoro rivolte al reinserimento delle persone disoccupate. In questi due Anni passati il Nostro Assessore ai Servizi Sociali Pietro Di Salvo ha attivato due bandi per le persone in difficoltà per circa 75.000,00 €. Altre iniziative dovranno essere prese visto l’aumento delle persone disoccupate.
Come?
Con l’attivazione e l’incentivazione di tirocini lavorativi presso aziende pubbliche e private non solo per i giovani che entrano per la prima volta nel mondo del lavoro ma anche per i padri di famiglia e gli adulti che a causa della crisi hanno perso il lavoro o chiuso la propria azienda.
Disabilità
Il confronto con il mondo della disabilità è possibile nella vita di ciascuno di noi, non solo per coloro che già si occupano di persone diversamente abili per motivi professionali, nelle attività di volontariato o perché direttamente coinvolti in impegnative e spesso dolorose esperienze personali o familiari, ma anche per i cosiddetti “abili”. Non bisogna perdere di vista il fatto che, ogni essere umano, porta con se un suo “mondo”, con all’interno vissuti personali, stile di vita, carattere, ecc; per questo motivo ognuno di noi è unico e speciale con conseguente diversità. In questo senso si può intendere la diversità come una risorsa, in termini di crescita e arricchimento personali. Dobbiamo  renderci  conto che l’uomo costruisce la propria identità, la sua storia, attraverso il rapporto con l’altro e che gli esseri umani riescano a “coesistere a condizioni di riconoscersi tutti uomini ma in modo diverso.

Come?
·        Prosecuzione degli interventi per eliminare le barriere architettoniche in città.
·        Ampliamento dell'attività dei Centri Diurni Disabili, con particolare attenzione ai bambini,
e potenziamento dei Centri Socio Educativi,  Servizi
Formativi per l’autonomia e dei Centri di Aggregazione Disabili.
·        Presenza negli uffici comunali con sportelli rivolti al cittadino, di persone con formazione sul linguaggio dei
segni.
·        Potenziamento delle iniziative sportive per disabili.
·        Rafforzamento iniziativa “dal dopo di noi al durante noi”, per accompagnare le persone
con disabilità nella costruzione di una vita adulta assistita da servizi e interventi specializzati,sempre in collaborazione con le famiglie.
·        Mappatura dei posti auto per disabili, monitoraggio dell’erogazione dei contrassegni  e loro aumento dove necessario.
·        Promozione della consultazione organica delle associazioni
effettivamente rappresentative della realtà lissonese  (disabilità fisica, sensoriale, intellettiva)
·        riapertura di opportunità lavorative anche in collegamento con le associazioni degli
industriali, degli artigiani, della cooperazione sociale, attraverso tirocini lavorativi
·        revisione accessibilità teatri e impianti sportivi (specie piscine
comunali e impianti di basket), sostituzione dei percorsi ghiaiosi nei giardini pubblici del
centro.







sabato 26 maggio 2012

Le generazioni future


Noi pensiamo che le generazioni future debbano essere poste nelle condizioni di vivere in armonia con l’ambiente naturale. Ogni essere umano è chiamato ad amministrare i beni naturali con saggezza e non sulla base dei suoi specifici interessi. Le persone, le famiglie, i gruppi sociali, le comunità, i popoli, le nazioni e gli Stati devono quindi rendere conto delle loro azioni davanti ad ogni singolo essere umano, di oggi e del futuro. 
Noi crediamo che la società e lo Stato debbano servire la persona ed il bene comune. Le persone e le comunità devono avere il diritto di realizzare ciò che possono grazie alla loro iniziativa. Ciò che le organizzazioni di dimensioni più piccole non sono in grado di realizzare deve essere affidato ad organizzazioni di livello più alto: gli Enti locali, la Regione, lo Stato, le Organizzazioni sopranazionali. 
Noi pensiamo in particolare che siano necessarie forti azioni positive per assicurare l’effettiva parità tra uomo e donna, per accrescere l’accesso delle donne all’istruzione ed al lavoro, per favorire il loro accesso ai posti di più alta responsabilità nel mondo pubblico e privato. Una maggiore eguaglianza effettiva tra uomo e donna renderà il nostro Paese non solo più giusto ma anche più prospero. 
Noi pensiamo che la famiglia sia l’elemento fondamentale delle nostra società. Oggi le famiglie e la società sono sempre più frammentate. Noi pensiamo che sia invece necessario riconoscere chiaramente il ruolo attivo della famiglia, nella consapevolezza che questa non può essere sostituita da altre figure sociali. 
In una situazione difficile come quella attuale, le famiglie sono anche un prezioso elemento di stabilità sociale ed economica perché si affiancano alla società ed alle strutture pubbliche compensandone i limiti nell’attuazione delle politiche sociali. Non possiamo ignorare che molte famiglie non riescono più ad avere “una tranquilla e quieta vita, in piena dignità”. La famiglia va dunque difesa, anche perché è fondamentale per le persone più deboli, per gli anziani, per i diversamente abili, per i giovani senza lavoro. Non solo. Noi crediamo che la famiglia abbia il dovere ed il compito insostituibile di educare i bambini e gli adolescenti. Sosteniamo una società basata sui valori liberali e cristiani, sulla famiglia naturale fondata sul matrimonio, formata dall’unione di un uomo e di una donna, nella quale far nascere, crescere ed educare i figli.
In questa prospettiva noi pensiamo che buoni risultati possano essere conseguiti riducendo il carico fiscale per le famiglie in rapporto al numero dei familiari, a partire dai bambini. 
***
Noi proponiamo ai nostri concittadini una società fatta di libertà, di sviluppo economico, di solidarietà. Proponiamo un’Italia rispettata e forte nel mondo. Proponiamo una Patria nella quale tutti gli italiani si riconoscono e che tutti amano, perché è la casa comune di tutti, senza distinzioni. 
Noi vogliamo una società nella quale tutti i giovani, senza distinzione di ceto sociale, vadano a scuola per conseguire un diploma o una laurea di qualità. Vogliamo una società nella quale i giovani abbiano un lavoro, che permetta loro di essere subito indipendenti e di formarsi una famiglia. 
Noi vogliamo una società nella quale nessuno rimane indietro. Perché ogni persona ha un valore inestimabile, e perché il benessere di ogni cittadino significa il benessere di tutti i cittadini, il benessere di tutta la società. 
Noi vogliamo una economia forte e vitale, fondata su imprese moderne ed efficienti, sulla creatività e sull’innovazione, perché senza crescita economica non si possono risolvere i problemi sociali e non si possono garantire a tutti i cittadini i servizi ai quali hanno diritto. 
Abbiamo un lungo cammino davanti a noi. Un cammino di impegno civile, in cui diritti e doveri si ricongiungono come facce di una stessa medaglia. 
Chiediamo il sostegno di tutti i cittadini della nostra provincia, chiediamo il loro voto per garantire questi valori e per realizzare il nostro programma. 
punti per ripartire
La nostra produttività si riduce perché è insufficiente l'impegno in ricerca e innovazione e ciò a fronte di un aumento delle ore lavorate totali e dell'occupazione in generale, occorre puntare maggiormente sulla formazione, sull'organizzazione e sulle economie interne ed esterne generate da nuove infrastrutture
Industria; Energia, Comunicazioni materiali ed immateriali; Agricoltura; Ambiente; Ricerca; Cultura, Terziario avanzato ;Industria turistica ed Università. 
Sono queste alcune delle più significative aree di intervento sulle quali tutte le istituzioni compreso l’ente Provincia, dovranno agire per i prossimi anni per promuovere sviluppo , benessere e occupazione.
La creazione di infrastrutture viarie e ferroviarie a corollario delle grandi opere è il compito primario delle istituzioni locali. Non dobbiamo perdere queste grandi opportunità che ci vengono offerte
Un ente Provincia che abbia una visione strategica e che lavori per creare forti sinergie con i territori limitrofi in una concezione di area vasta, potrà avere un ruolo determinante per favorire scelte in grado di aprire grandi opportunità alle nostre popolazioni.
Un ente Provincia che abbia una visione strategica e che lavori per creare forti sinergie con i territori limitrofi in una concezione di area vasta, potrà avere un ruolo determinante per favorire scelte in grado di aprire grandi opportunità alle nostre popolazioni.
In questo quadro di grandi opportunità, i trasporti pubblici costituiranno un aspetto fondamentale. I collegamenti ferroviari dovranno essere al centro di una forte azione delle istituzioni per garantire una mobilità interna adeguata ma soprattutto veloci e frequenti collegamenti con Milano
Il pendolarismo rappresenta una ricchezza e non un problema di nicchia, il suo incremento in entrata ed in uscita dalla nostra provincia significa aumento della ricchezza, e delle opportunità per le nuove generazioni che possono mantenere il legame con la loro terra e con esso tutelare le tradizioni e la cultura dei nostri comuni e dei nostri borghi e perciò va tutelato con servizi efficienti ed adeguati.
In un ottica di servizi per la mobilità, appare fondamentale che l’ente provincia assuma il ruolo di coordinatore di politiche che i vari comuni intendono attuare nell’ambito dei piani locali e regionali dei trasporti
Un progetto ambizioso, in grado di produrre forti economie di consumi, di emissioni di inquinanti in atmosfera, nonché una moderna viabilità di area integrata
Il potenziamento del nostro turismo, della nostra industria dell'accoglienza, del commercio, della logistica, del credito al servizio dello sviluppo dei territori, della cultura, dei servizi alla persona e della formazione culturale. Tutti settori dove devono crescere grandi imprese in grado di competere sul mercato globale.
AMBIENTE E INDUSTRIA
Sul primo aspetto, emblematico è l'allarme lanciato dalla Commissione europea, rivolto soprattutto all'Italia e che calza perfettamente alla nostra realtà locale . Il nostro Paese ha infatti, nel contempo, la migliore qualità della vita, come eredità di un passato straordinario, ma anche la politica meno responsabile nel campo ambientale ed in quello energetico. E le due cose, ambiente ed energia, sono strettamente legate . 
Dobbiamo garantire energia a prezzi competitivi non solo per le grandi aziende energivore ma anche per il sistema di piccole e medie imprese .
La strada dell’autoproduzione è una strada obbligata che deve vedere le istituzioni quali attori principali e non muti spettatori o burocrati passacarte.
CREDITO
Non va dimenticato, che il tessuto economico della nostra Provincia è prevalentemente formato da piccole e medie imprese (PMI).
Attualmente tali imprese sono in uno stato di grave sofferenza per la crisi finanziaria globale e la conseguente restrizione del credito. Occorre fare di tutto per rimettere in moto l'economia delle PMI attraverso la riattivazione del credito.
A tale scopo la Provincia e gli altri enti locali insieme alle banche operanti nel territorio, deve far affluire le linee di credito che la Banca Europea degli Investimenti (BEI) ha stanziato per le PMI, prevedendo una corsia preferenziale per l'utilizzo delle stesse e assistendo le stesse PMI, anche grazie alla collaborazione di studi di ricerca e di progetto, nella predisposizione di adeguati piani di investimento.
Sicurezza alimentare e qualità della vita
Con l’allargamento dell’UE e la diminuzione di risorse a disposizione dell’agricoltura italiana, dobbiamo rafforzare le nostre imprese agricole affinché con la giusta dose di ricerca e innovazione possano valorizzare sempre più i prodotti di eccellenza, consentendo agli agricoltori di produrre reddito anche con minori sussidi comunitari e agli operatori turistici di richiamare visitatori da ogni parte del mondo.
Qualità delle prestazioni socio sanitarie
Per ciò che attiene il nostro servizio sanitario chiediamo una maggiore attenzione affinchè i servizi sanitari della nostra provincia ricevano i fondi sufficienti per garantire prestazioni ordinarie e di alta specialità .
In questo contesto, ciò che appare assurdo è il rifiuto di ogni possibile applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale e verticale in campo sanitario.
: noi vogliamo rafforzare il sistema pubblico e dare una prospettiva più certa a tanti operatori che oggi pagano i vizi di un sistema chiuso in se stesso, che non si innova e che, non essendo in concorrenza, non si preoccupa più della qualità dei servizi che eroga
Noi riteniamo che il pubblico debba fornire la certificazione della garanzia della qualità dei servizi offerti, anche quelli privati. Quindi un unico sistema sanitario pubblico anche se molto più leggero che deve comprendere strutture private che erogano un servizio pubblico in cui il cittadino può liberamente scegliere dove andarsi a curare e a parità di costi. 
La Pubblica amministrazione selezione, efficienza, meritocrazia
Burocrazia ed efficienza della pubblica amministrazione sono uno snodo fondamentale per lo sviluppo ed anche l’ente Provincia deve realizzare procedure semplificate che riconducano a decisioni veloci e competenti con un personale competente e adeguatamente formato. 
E’ fondamentale rilanciare e consolidare le esperienze per lo sportello unico in grado di avere un unico agente decisionale che riduca a livello europeo tempi e costi degli adempimenti non più sopportabili da cittadini ed imprese
Favorire politiche di sostegno reali alla libertà d’impresa per aumentare l’occupazione
Garantire maggior sicurezza contro l’infiltrazione sempre più costante di malavita che minaccia le nostre città
Attivare politiche concrete aggiuntive e di sostegno alla famiglia
Promuovere una vera politica di incentivazione dell’offerta turistica recuperando e valorizzando il nostro patrimonio artistico culturale 
Questo è il nostro modo di affrontar la sfida per il Governo di questa provincia. Un approccio ambizioso ma concreto alla luce della globalità dello scenario che abbiamo di fronte.
Una grande svolta politica che ci consenta di ricondurre questioni differenti a un problema di sviluppo e di equa distribuzione di opportunità, rispondendo ai bisogni materiali alle esigenze delle singole persone e alla loro richiesta di libertà, come effettiva possibilità dei singoli di progettare e di scegliere piani di vita alternativi.
Un programma concreto ampio e qualificato, dal quale sia possibile estrarre e comunicare un’idea suggestiva di grandezza. Non basta avere proposte o risposte per tutti i problemi, è necessario rendere visibile un’alternativa attraverso un nuovo modello, senza travolgere le poche certezze rimaste sull’identità del tessuto socio economico della nostra Provincia, suscitando consenso, condivisione, passione, mobilitazione e voglia di cambiare.
vogliosi di “combattere” senza l’uso della forza per i nostri ideali, le nostre idee
infatti l’organizzazione ha come scopo quello di aggregare i giovani della LOMBARDIA in iniziative sociali e culturali per la valorizzazione e la riscoperta delle radici del nostro territorio e della nostra Patria

ORGOGLIOSI DI ESSERE ITALIANI


Siamo orgogliosi di appartenere ad una civiltà millenaria e vogliamo che il nostro territorio progredisca nel solco della sua tradizione, sempre più europea ed occidentale. 
I valori nei quali ci riconosciamo sono la dignità della persona, la libertà e la responsabilità, l’eguaglianza, la giustizia, la legalità, la solidarietà e il federalismo. 
Questi sono i valori comuni alle grandi democrazie occidentali, fondate sul pluralismo democratico, sullo Stato di diritto, sulla non discriminazione, sulla tolleranza, sulla proprietà privata, sull’economia sociale di mercato. 
Noi pensiamo che la politica debba essere al servizio dei cittadini, non i cittadini al servizio della politica e che essa debba essere fondata più sui valori che sugli interessi. 
Noi crediamo che la persona - con i suoi valori ed i suoi principi, con la sua morale e la sua ragione di esistere e di migliorarsi – sia il principio ed il fine di ogni comunità politica, la sola fonte della sua legittimità. E che non possano esistere un’autentica giustizia ed una autentica solidarietà, se la libertà di ogni singola persona non viene riconosciuta come condizione essenziale dallo Stato. 
La nostra concezione della persona ripudia tanto ogni forma di collettivismo, quanto l’individualismo egoistico. Ogni persona appartiene ad una comunità e deve subordinare il proprio interesse all’autorità legittima della comunità stessa, accettando i vincoli che sono necessari per la protezione dei diritti fondamentali e della libertà degli altri. Senza legge e ordine non ci può essere libertà. 
Noi crediamo che la vera libertà significhi autonomia congiunta con la responsabilità, non irresponsabile indipendenza. La vera libertà rende infatti ogni persona responsabile delle proprie azioni in accordo con la propria coscienza di fronte alla comunità a cui appartiene ed alle generazioni future. 

SERGIO RAMELLI



SERGIO RAMELLI - DA QUALCUNO CHE HA VOLUTO RACCONTARE...... PER NON DIMENTICARE

SERGIO RAMELLI PRESENTE! NON TI ABBIAMO DIMENTICATO… 29-04-1975 / 29-04-2011

Chi ascolta la storia di Sergio Ramelli prova, come prima reazione, il desiderio di falsificarla, di negarla. Una storia del genere, ci si dice, non è vera, non può essere vera .Sfortunatamente è vera, ed è accaduta in Italia 25 anni fa.
Quando in futuro le generazione guarderanno gli anni ’70 a Milano non avranno difficoltà a dire che Sergio Ramelli, un ragazzino di 18 anni fu perseguitato e ucciso da una città intera, da un paese intero: dai suoi professori, dai suoi compagni di scuola e dall’indifferenza e dalla paura dei suoi concittadini.

Vogliamo raccontarvi, tramite le parole di Luca Telese, la storia di un ragazzo come tanti, come me appassionato di calcio e di politica. E’ la storia di Sergio Ramelli, giovane militante del Fronte della Gioventù ucciso a colpi di chiave inglese nel 1975 da esponenti di Avanguardia Operaia . 
“Sono i primi giorni di gennaio, è il 1975.
All’istituto tecnico Molinari, in V° J il professore di lettere assegna ai ragazzi, tra gli altri, un tema di attualità.
Sergio Ramelli, che frequenta da due mesi la sede del Fronte della gioventù, non ha dubbi: parla delle Brigate rosse. Scrive che il primo delitto dei brigatisti è stato compiuto contro due missini, scrive che le Br sono un pericolo per la democrazia, scrive che Mazzola e Giralucci, purtroppo, sono ricordati come delle vittime solo dai loro compagni di partito, che i brigatisti non sono un pugno di romantici rivoluzionari, ma un’organizzazione manovrata
Ha le idee chiare, non c’è dubbio. Forse, osserverà il professore, è rimasto impressionato da un editoriale di Giorgio Pisanò apparso sul Candido e ne riecheggia le tesi, chissà: il testo originale di questo tema, ovviamente, oggi non esiste più. Ma il suo contenuto se lo ricordano bene tutti, i professori e i compagni di classe di Sergio. Perché succede che il ragazzo incaricato di raccogliere i temi venga bloccato in corridoio da alcuni compagni di scuola, che fanno parte del collettivo politico più forte dell’istituto, quello di Avanguardia operaia. E che poi i ragazzi del collettivo si mettano a spulciare gli elaborati uno per uno, per capire cosa hanno scritto i loro compagni su un argomento così delicato. Nessuno saprà mai che voto avrebbe preso per quel compito Sergio, il professore non lo correggerà mai
Poche ore dopo, infatti, nella bacheca dell’atrio due fogli protocollo fanno bella mostra di sé, affissi con le puntine. Sopra c’è una scritta rossa: ECCO IL TEMA DI UN FASCISTA. Il testo è costellato di sottolineature. Per quanto nessuno ancora possa nemmeno immaginarlo, quel tema, e la sua «correzione», sono l’inizio di una drammatica catena che, anello dopo anello, si chiuderà con la morte di Sergio.
C’è qualcosa, nella figura di Sergio come è stata ricostruita negli atti e nei ricordi di chi lo ha conosciuto, che colpisce ancora oggi. Non si tratta di cedere all’eterna tentazione di costruire agiografie retroattive, non è la solita attitudine alla santificazione del martire. Ma è come se Sergio, in qualche modo, fosse riuscito a restare refrattario al furore ideologico del suo tempo. È un fan sfegatato solo quando si tratta di Adriano Celentano (una «vera mania», assicura la madre). È un grandissimo appassionato di sport, soprattutto di calcio, gioca a pallone a livello semiprofessionistico. È tifoso dell’Inter ma raramente va allo stadio, non è interessato al tifo. Dice la signora Anita: In tutte queste cose, nella musica, nello sport, come nella politica non era un fanatico. Si interessava, gli piacevano, si entusiasmava, ci metteva il cuore, ma non l’ho mai visto urlare o irritarsi
Così, ripercorrendo i suoi ultimi giorni, si trova anche qualcosa di stoico, in lui, nel modo in cui si avvicina alla fine. In quella lunga cronaca di una morte annunciata che sarà il suo omicidio, malgrado il moltiplicarsi dei segnali e delle minacce, incredibilmente Sergio non si lamenterà mai né chiederà soccorso ai camerati, che sicuramente, se avessero saputo, avrebbero fatto qualcosa per proteggerlo.
Fino all’ultimo terrà all’oscuro anche la sua famiglia, negherà l’innegabile, mentirà per nascondere la progressione delle aggressioni di cui viene fatto oggetto. Risulta dai verbali degli interrogatori che persino nei giorni in cui a scuola lo insultano e lo prendono a calci, lui continua a non raccontare niente ai genitori. Quando proprio non può, e la madre lo riempie di domande, scuote la testa e le fa: «Non preoccuparti mamma, non è nulla».
La giornata più drammatica, nel corso della lunga persecuzione che prepara il delitto, è quella del 3 febbraio 1975. Dopo molte discussioni, papà e mamma Ramelli hanno deciso di imporre al figlio di abbandonare il Molinari. A malincuore Sergio è costretto ad accettare, e quella mattina entra a scuola accompagnato dal padre per sbrigare le necessarie pratiche burocratiche. Purtroppo li stanno aspettando: nel corridoio della scuola padre e figlio sono aggrediti, picchiati e costretti a passare fra due file di studenti per un violento rituale di sottomissione.
Sembra la scena di un film di Kubrick, sembra un’arancia meccanica in salsa meneghina, e ancora una volta bisogna lasciare la parola a Grigo e Salvini per sapere come si conclude questa terrificante passeggiata:
Il ragazzo era stato colpito ed era svenuto, mentre lo stesso preside e i professori che avevano scortato il Ramelli e il padre verso l’uscita erano stati malmenati.
Ancora più sconcertante la testimonianza del professor Melitton, secondo cui la presideaggredì il padre e gli disse:
«Ma non vede che lei e suo figlio siete un motivo di turbamento per la scuola?».
Marzo 1975. Roberto Grassi, ex studente del Molinari, ed esponente di spicco di spicco del servizio d’ordine di Avanguardia operaia, durante una riunione di cellula si rivolge a Marco Costa, universitario, numero due del servizio d’ordine di Medicina a Città Studi. Grassi è uno dei pochi tra i dirigenti del gruppo che conosca personalmente Ramelli. Ed è lui che preannuncia a Costa una decisione da tempo nell’aria: dovrà essere la sua squadra (proprio perché non è in alcun modo collegabile al giovane missino) ad aggredire il ragazzo. Sarà un battesimo d’azione, la prima sprangatura del gruppo. Sarà il primo delitto politico degli anni Settanta commesso per interposta persona, il primo delitto, a sinistra, realizzato «su commissione».
La comunicazione «ufficiale», invece, in un’organizzazione leninisticamente centralizzata e gerarchica, arriverà da un altro dirigente, Giovanni Di Domenico detto «Gioele». Infatti, Di Domenico avvicina Walter Cavallari e gli dice:
«Dovete andare a menare un fascio». Cavallari non se la sente.
Pochi giorni prima gli è stato chiesto di sprangare uno studente di Agraria, ma non è andata come pensava. Lo aggredisce, ma subito dopo ha paura, scappa: «Doveva essere un militante di acciaio temprato, e invece no, mi ero trovato davanti solo un uomo». Viene esautorato. Per uno che ha un dubbio ce ne sono dieci che non ne hanno.
Il suo posto lo prende Costa. L’azione si deve fare lo stesso. 
Dopo trent’anni Anita Ramelli abita ancora nella stessa casa di via Amedeo, con la finestra affacciata sul luogo dove avvenne l’aggressione a Sergio. Per ostinazione, per abitudine, per senso della memoria, non se ne è voluta andare.
Per anni su quel pezzo di muro si sono combattute grandi battaglie simboliche: prima i manifesti con le minacce, poi la guerra dei fiori e delle scritte, e addirittura una battaglia per i sacchi di immondizia che un portiere del condominio di fronte si ostinava a depositare proprio lì davanti, malgrado i cassonetti a pochi passi più in giù. Un giorno, gli amici di Sergio gli spiegarono che o sceglieva un altro posto per depositarli, o si sarebbe ritrovato i rifiuti in guardiola: cosa che puntualmente accadde, dopo l’ennesima sfida.
Non è facile dimenticare, nemmeno per un quartiere, soprattutto per chi non capisce che si possa continuare a combattere una guerra anche su qualche metro di marciapiede e di intonaco. Oggi, mani ignote, ma per chi sa individuabili, hanno dipinto su quella parete un grande murale, con una scritta e una croce celtica: SERGIO VIVE. È il modo che la comunità di cui Sergio faceva parte ha scelto per non dimenticare.
Ancora oggi, ogni tanto, mamma Ramelli si affaccia alla finestra di casa sua. Guarda il muro, e la scritta. E non dice nulla.
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SERGIO RAMELLI 29 Aprile 1975-29 Aprile 2011.
Trent’anni,caro Sergio. Trent’anni che abbiamo vissuto,in cerca di un sogno. Trent’anni che a Te sono stati rubati, senza un perché.
Perché ricordarsi ancora di Sergio ? Perché i giovani conoscano un passato recente dell’Italia nata dalla resistenza durante il quale migliaia di giovani bollati come fascisti e picchiatori, furono in realtà vittime dell’odio insegnato ai figli dai padri ancora non sazi del sangue del 1945 e da cattivi maestri che tale odio coltivavano ed insegnavano. Perché tale odio oggi non ritorni e consegni le Tre Guerre Civili Italiane finalmente alla storia. Anche se,purtroppo, ancora oggi c’è chi plaude a chi lancia cavalletti ed inneggia agli assassini di Nassirya. E c’è chi urla, come il 25 aprile di quest’anno a Milano: ”Berlusconi , Albertini, farete la fine di Mussolini.”
Erano gli anni di “Uccidere un fascista non è reato” o di “Se vedi un punto nero spara a vista:o è un Carabiniere o è un Fascista”, ma anche di “Ora e sempre,resistenza !”. Erano gli anni non certo “formidabili” come qualcuno ha invece scritto . E dove purtroppo “la meglio gioventù” ghettizzava altra gioventù.
Erano gli anni in cui una famiglia normale fu colpita da una tragedia immane.
Sergio era nato il 6 luglio 1956,undici anni dopo la fine della guerra.
Giocava al pallone e tifava Inter. Gli piaceva Celentano. Portava i capelli lunghi e non amava il barbiere. Aveva un motorino,un Ciao . E si iscrisse all’Istituto Tecnico Molinari a Milano perché amava la matematica e la chimica. Anzi,avrebbe voluto laurearsi in chimica. Era bravo,e spesso passava i compiti ai compagni di scuola; generoso, allegro, mai uno screzio. Aveva una ragazza, Flavia. L’ultimo anno di scuola si venne a sapere che Sergio era di Destra,che frequentava il Fronte della Gioventù ed il MSI. E fu l’inizio di un calvario.
Come risulta dagli atti del processo contro i suoi assassini, Ramelli fu più volte prelevato a forza dalla sua classe e minacciato. In seguito, in data 13 gennaio 1975 venne circondato in strada da 80 studenti e costretto a cancellare alcune scritte apparse sui muri del Molinari. A scuola scrisse un tema contro le Brigate Rosse:e questo fu la sua condanna. A fine gennaio il fratello Luigi,scambiato per Sergio ,fu aggredito da due giovani con chiavi inglesi.
Il 3 febbraio , mentre si recava a scuola col padre per presentare domanda di trasferimento ad altra scuola, venne costretto a passare nel corridoio dell’istituto tra due file di “compagni”, venne insultato e colpito, tant’è che svenne. Il Preside ed alcuni professori che scortarono padre e figlio fino all’uscita,vennero a loro volta malmenati.
Il 9 marzo Sergio e Luigi vennero assediati per mezz’ora in un bar di viale Argonne da una ventina di “bravi ragazzi” con bandiere rosse. Anche un altro giovane di Destra del Molinari, Claudio N. venne picchiato e costretto al ritiro.
Infine, a coronamento del tutto, alle ore 13 del 13 marzo 1975, mentre appoggiava il motorino in Via Paladini , la vile aggressione: il “cosiddetto” servizio d’ordine della Facoltà di Medicina di Avanguardia Operaia lo circondò e lo colpì sulla testa con grosse chiavi inglesi, quelle Hazet 36 (fascio dove sei?, diceva un altro slogan) allora tristemente famose.
Ricoverato al Policlinico, alternò momenti d’incoscienza a brevi momenti di ripresa, fino a morire il 29 aprile.
Mentre Sergio era in coma, anche Luigi venne nuovamente minacciato. Il giorno prima della morte ci fu un corteo di “antifascisti” sotto casa Ramelli, con scritte e manifesti pieni di minacce. Poi ci furono funerali quasi vietati, con i partecipanti costretti ad arrivare alla spicciolata, tutti fotografati dai compagni per un vero schedario che venne ritrovato mesi più avanti; il corteo impedito,il consigliere comunale missino Staiti ed alcuni ragazzi fermati dalla polizia, altri spintonati, un prete minacciato d’arresto perché protestava.
Questa la storia di allora:poi vi fu un processo dove gli assassini furono tutti condannati. Brave persone, si diceva. Certo, chi studiava Medicina come faceva a sapere l’effetto di una Hazet 36 calata con forza ripetutamente su una testa ? Ora sono tutti fuori,brave persone,con famiglia e figli …
Ed ora finalmente oggi, 29 aprile 2005 i giardini pubblici ,tra via Bronzino e via Pinturicchio della Sua, della mia Milano, saranno a Lui dedicati. Anche se c’è ancora molta gente che odia e che scrive sui muri, oggi come allora , ”Tutti i fascisti come Ramelli, con una riga rossa tra i capelli”…
Gente che ancora insegue chissà cosa, come alcuni partigiani che in questi giorni hanno distribuito in alcune Scuole Medie adesivi con sopra scritto “ora e sempre resistenza”. Fieri dell’Italia che costruirono. A loro dedico le parole dette da un religioso che portava il fazzoletto azzurro dei Volontari della Libertà alla vista dei Funerali Negati a Sergio: ”Non è questa l’Italia per la quale ho combattuto: questa non è un’Italia né LIBERA né DEMOCRATICA”.
Addio Sergio, Tu che conosci la Vera Pace in Cristo, prega per questa povera Patria insieme a tanti altri Camerati caduti in quegli anni ’70 ed a quei ragazzi che cercarono di salvare l’Onore della Patria dopo l’ 8 settembre.
A noi, sopravissuti di quell’era, resta il Tuo Ricordo e l’incarico di raccontare sempre questa tragedia di un giovane normale colpito da un odio senza perché.


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