Noi di Destra... Adesso aspettiamo chiarezza contenuti e programmi!!! Organizzazione e rapporti sul territorio. Non vogliamo finire come molti nostri iscritti ci hanno detto "cadere dalla padella alla brace..". Non siamo qui per posti ma perché vogliamo credere in un progetto che nasce per dare un futuro diverso da quello attuale al centro destra. La nostra scelta sarà definitiva solo se le parole che abbiamo sentito diventano fatti ... Di cartelli e slogan elettorali ne abbiamo già sentiti troppi... Stiamo seguendo passo per passo la nascita di questo nuovo soggetto politico e vi terremo aggiornati sulle varie scelte che verranno fatte... Nulla sarà lasciato al caso e nulla e nessuno ci potrà raccontare favole se i fatti non ci convincono....
sabato 22 dicembre 2012
sabato 15 dicembre 2012
Giorgia tentata: uscire dal Pdl e fondare un movimento con Guido. Domenica la convention a Roma, gli ex An la chiamano: vogliono il suo 4%.
Tutti vogliono Giorgia Meloni: più che questione di tradizione politica, è banale storia di numeri e di peso. Giovane, brillante, pasionaria, moderna ma ancorata alla tradizione che fu di Alleanza Nazionale. Un po' per tutti questi aspetti (punti di forza, ma in certi casi anche handicap) la deputata del Pdl è in rotta con il partito di Silvio Berlusconi, delusa dal dietrofront sulle primarie, e insieme all'altro ribelle Guido Crosetto (e al formattatoreAlessandro Cattaneo) proverà a smuovere le acque con una manifestazione provocatoriamente (?) intitolata "Le primarie delle Idee" e organizzata per domenica prossima all'Auditorium della Conciliazione a Roma. La bambinaMeloni e il gigante Crosetto, coppia improbabile ma solo in apparenza: nel momento dell'anti-politica, due politici di lungo corso al di là dell'età anagrafica (lei creciuta in Alleanza Nazionale, lui ex democristiano) rilanciano l'importanza del fare politica andando oltre nomenklature e leadership. Non è un caso: entrambi erano tra i maggiori sponsor delle primarie del centrodestra e, cosa importante, nei sondaggi ufficiali e non (per esempio, quello organizzato proprio da Liberoquotidiano.it) erano sempre in testa.
Una dote del 4% - La tentazione di uscire dal Pdl è forte, proprio per non disperdere il credito personale maturato tra gli elettori del centrodestra nelle ultime settimane. D'altronde, il partito di Berlusconi è già alle prese con la faida degli ex An. Si parla di un nuovo partito, Centrodestra nazionale, capeggiato da Ignazio La Russa che però mercoledì glissava: "Per adesso questo soggetto politico non c'è. La situazione è fluida, c'è un’area politica che si interroga, non aspetta passivamente". Il mondo della destra moderata è spaccato: da una parte La Russa, Gasparri e Corsaro, dall'altra Matteoli eAlemanno. E la Meloni? Corre da sola, anche se La Russa non rinuncia: "Semmai dovessimo arrivare, come penso e spero, ad un nuovo soggetto l'appello è aperto a tutti quelli che provengono da una certa area". L'obiettivo di Ignazio è chiaro: salvare Giorgia dal gigante Guido, certo. Ma soprattutto imbarcare quel pronosticato, utilissimo 4% che il duo Meloni-Crosetto avrebbe in tasca. (Liberoquotidiano.it)
Una dote del 4% - La tentazione di uscire dal Pdl è forte, proprio per non disperdere il credito personale maturato tra gli elettori del centrodestra nelle ultime settimane. D'altronde, il partito di Berlusconi è già alle prese con la faida degli ex An. Si parla di un nuovo partito, Centrodestra nazionale, capeggiato da Ignazio La Russa che però mercoledì glissava: "Per adesso questo soggetto politico non c'è. La situazione è fluida, c'è un’area politica che si interroga, non aspetta passivamente". Il mondo della destra moderata è spaccato: da una parte La Russa, Gasparri e Corsaro, dall'altra Matteoli eAlemanno. E la Meloni? Corre da sola, anche se La Russa non rinuncia: "Semmai dovessimo arrivare, come penso e spero, ad un nuovo soggetto l'appello è aperto a tutti quelli che provengono da una certa area". L'obiettivo di Ignazio è chiaro: salvare Giorgia dal gigante Guido, certo. Ma soprattutto imbarcare quel pronosticato, utilissimo 4% che il duo Meloni-Crosetto avrebbe in tasca. (Liberoquotidiano.it)
venerdì 30 novembre 2012
Hobbit di tutto il mondo, unitevi alla Meloni per le sue primarie fantasy
“Pare bbona…” – è subito finito su Twitter l’apprezzamento di quel giornalista parlamentare, a Montecitorio, davanti al manifesto di Giorgia Meloni. E subito ha animato il dibattito – a parte lo sproposito cartaceo sui muri di Roma, ecco il punto centrale: Photoshop o buona luce? è lei o non è lei? Sicuro che è lei! L’ex ministro che ha deciso di buttarsi nel mare incerto (mar nero, mar morto, mar rosso che da un momento all’altro potrebbe richiudersi su di lei, facendole fare una fine da biblico esercito del faraone) delle primarie più scalcinate della storia occidentale, ha mandato anche un suo tweet per rivendicare e rilanciare: “Dicono sia una foto taroccata. Ma è una foto fatta durante una premiazione. Per caso: sono così brutta dal vivo?”. C’è chi giura che così è, tanto di presenza tanto di stampa, “ti ho vista dal vivo a Bologna, sei davvero una bella ragazza”, chi l’ha paragonata a Olivia Wilde, articoli dove si assume una posizione, diciamo, centrista, “sebbene sia una piacevole bellezza del tutto suscettibile di svariate opinioni”. Sul sito di Repubblica l’ormai noto suo manifesto viene incoronato quale “poster stile Pulzella d’Orléans” – e in effetti la felice posa e il fortunato scatto visivamente la pongono tra la Milla Jovovich del film di Besson e la Veronica Lake, con ciocca bionda che sfiora le ciglia, di hollywoodiana memoria. Ma almeno, in mezzo a tante finte partenze – andiamo, non andiamo, un momento, si parte, fermi tutti, contiamo fino a dieci – la Meloni si è buttata davvero.
E mentre si registra lungo la penisola il sorgere libero e giocondo di comitati a suo sostegno, da Lecco al Tavoliere – a Foggia spicca quello per “Giorgia Meloni premier” – oltre il plauso entusiasta di Oscar Giannino, che alla sua bionda chioma riconosce pubblicamente una freschezza negata al pur ben fornito apparato tricologico montezemoliano, lei da ogni muro con piglio intrigante scruta, lo sguardo che salta direttamente sopra la testa del passante per posarsi sull’orizzonte incerto eppur speranzoso. “Senza paura” è lo slogan scelto per la sua campagna – che si potrebbe credere preso in prestito dalla Vanoni (“ma passa per il buio senza paura / ma passa per l’amore senza paura”), mentre in realtà è quello dell’ultima edizione di Atreju, quest’anno marinata nel settembre scorso dal Cav. – doveva decidere cosa fare con la sua candidatura: sempre lì stiamo. Ecco, Giorgia ha questa irresistibile tendenza al fantasy (del resto, oggettivamente, poche cose hanno la caratura del fantasy come le primarie del Pdl), dove l’italica penisola può benissimo esser metafora della Terra di Mezzo, così che come suo portafortuna ministeriale figurava una statuetta di Gandalf immortalata su Panorama, e ogni anno si replica l’omaggio a ridosso del Colosseo ad Atreju, il bambino “Figlio di tutti” della “Storia infinita”, e infine, se uno va a cercare nel suo blog, trova in bella vista una citazione tratta da “Il trono di spade”: “Forse è quello il segreto: non tanto cosa facciamo, quanto perché lo facciamo”. All’ardimento spinge, un simile miscuglio letterario e immaginario, alla sfida, al salto, alla bella causa.
C’è chi ha evocato un ticket con Alfano (in due fanno, più o meno, l’età del Cav., che con indomito spirito arzillo ha invece rimesso mano a Forza Italia, come certi nostalgici ritirano ogni tanto la gloriosa Cinquecento fuori dal garage), ma per ora, tosta e solitaria, Giorgia si è avviata – a nome degli hobbit tutti, e di sicuro della “meglio gioventù d’Italia” che consacrò nel volume “Noi crediamo”, così da non lasciare la faccenda solamente appaltata alla controparte di sinistra epicamente rappresentata dal film di Marco Tullio Giordana. Una volta al Cav. rimproverò polemica il gran proliferare di cactus dalle sue parti, “i cactus come modo di rappresentarsi, come forma di ostentazione” – dal Cav. stesso, probabilmente, in questi giorni difficili intesi come più calzante e prosaica metafora della sua stagione politica. La candidata Meloni vanta una collezione di centinaia di angeli e garantisce sulla presenza di quello custode – che ora, a decisione presa e manifesto affisso, non ha più, né creatura celeste poteva oggettivamente avere, le antiche amichevoli sembianze di Gasparri, né quelle di La Russa.
Iadicicco a L’Opinione: «Giorgia Meloni rappresenta l’anima identitaria e popolare del partito»
L’intervista a Federico Iadicicco de L’Opinione a firma di Ruggiero Capone
Federico Iadicicco incarna la nuova classe dirigente del centro-destra, ma guai a paragonarlo ai rottamatori di Renzi, perché non reputa si debba restringere la cernita ai soli dati anagrafici. Nel 2008 è stato eletto consigliere provinciale di Roma nelle liste del Popolo della libertà: da sempre di destra, nell’esecutivo della federazione romana di Alleanza Nazionale e dal 2009 è membro del coordinamento regionale del Pdl. Ma non si può ignorare la sua posizione critica verso il Pdl. «Negli ultimi tempi noto un atteggiamento un po’ infantile da parte di alcuni esponenti del PDL che, come la sinistra ha fatto per vent’anni, discutono di berlusconismo ed antiberlusconismo. Non possiamo continuare a discutere su ciò che è successo nei venti anni passati, da trentottenne mi voglio occupare di quello che succederà nei prossimi trenta. Questo è il nostro compito, guardare al futuro, che non può essere certo rappresentato da Montezemolo, Fini, Casini o Monti».
Allora dove sta Iadicicco?
L’anima conservatrice, identitaria e popolare del partito, rappresentata alle primarie nazionali del PDL da Giorgia Meloni, sta costruendo una proposta politica alternativa alla sinistra come alla tecnofinanza. Non solo siamo contrari al Monti-bis, perchè non vogliamo stare con la sinistra, ma ci riteniamo anche alternativi all’agenda Monti. Non possiamo stare con chi ha fatto la riforma del lavoro e dai precari ha creato disoccupati, con chi ha fatto la spending review e la legge di stabilità ed ha distrutto gli enti locali. Il governo Monti ha distrutto il ceto medio ed ha messo l’Italia in recessione, malgrado tutto questo non è riuscito a ridurre il debito italiano. Non capisco come Riccardi e Bonanni, che sostengono la “Cosa Bianca”, possano pensare che la dottrina sociale della Chiesa sia compatibile con l’agenda Monti: è impensabile ed impossibile.
La sua proposta è “Sentimento popolare”?
Ho organizzato Sentimento Popolare perché voglio rimettere in moto la speranza, costruire un percorso partecipato, realizzare un’agenda popolare condivisa, il cui protagonista sarà il popolo. Questo deve essere il compito della politica. Durante la manifestazione sono state presentate numerose proposte: dal welfare di comunità a sostegno delle famiglie, alla lotta contro le delocalizzazioni. Nel Sacro Speco di Subiaco vi è incisa una frase, attribuita a San Benedetto: “continua pure nelle tenebre a cercare la voce sfuggente, perché solo nella notte fonda brillano le stelle.
Un messaggio all’elettore italiano?
Queste parole hanno consentito ai benedettini, nel momento in cui sembrava tutto finito, quando la nostra civiltà pareva destinata a morire, di traghettare i valori, la storia e l’identità di cui loro erano portatori fuori dalla crisi della difficoltà di quell’epoca. Necessita lavorare come i benedettini del terzo millennio, per portarci fuori da questa crisi antropologica.
mercoledì 28 novembre 2012
PER VINCERE DEVI NUOTARE NELLA CLOACA Caro Grillo Torna al “ fa el to mesté “
Quello che è emerso, dalla Caporetto siciliana, è che i voti essenziali per passare in 48 mesi dal 5 al 18,7% nel capoluogo siciliano il M5S non li ha pescati né dell'astensione, né dal centrodestra. Li ha pescati dal P.D..
Ciò comprova, il mancato exploit del Movimento del comico alle elezioni siciliane. Non è che non sia stato un trionfo: il grosso degli elettori non ha visto nemmeno nel M5S una valida alternativa all'astensione e il suo candidato si è piazzato terzo staccato di oltre 7 punti dal secondo.
Ciò che emerge, infatti, è che i voti necessari per passare in pochi mesi dal 5 al 18,7% nel capoluogo siciliano il M5S non li ha pescati né dal bacino dell'astensione, né dai partiti di centrodestra.
Hanno votato il candidato dell’intrattenitore un gran numero di elettori che alle regionali del 2008 avevano votato il P.D., infatti, i sinistroidi in quella tornata avevano preso 505.922 voti, mentre ad ottobre 2012 i pagnottisti hanno preso 257.274 voti (-51%), meno della metà.
Il menestrello quindi ha ottenuto il suo successo in Sicilia seducendo i delusi dei partiti di sinistra e del Terzo polo, ma non gli astensionisti e gli elettori di centrodestra.
Torna al “ fa el to mesté “, vai a fare il comico, forse ti riesce ancora bene, la politica e una cosa seria, la politica e uguaglianza è libertà, la politica e un tema sociale e un diritto al lavoro: cosa importa di avere un ambiente pulito se viene a mancare la libertà per una vita dignitosa?
Libertà e democrazia, incisi che esistono solo nell’ideale del centrodestra.
Caro venditore serve altro, serve qualcosa di concreto, l’italiano se ne infischia del “ ponte di Messina “, se ne infischia dei “ No Tav “, se ne infischia del tuo “ wireless “, se ne infischia dei tuoi inceneritori, se ne infischia dei tuoi insulti e delle tue fregnacce, onestamente se ne infischia di tutto quello che dici e fai, ha altro da pensare.
Ecco perché l’elettore del centrodestra non si è smosso di un centimetro.
Come hai visto caro giullare, l’elettore del centrodestra è come una quercia “ si spezza ma non si piega “.
LA RESISTENZA POPOLARE
venerdì 23 novembre 2012
Comitato Noi di Destra per Giorgia Meloni
sabato 17 novembre 2012
L'italiano senza scampo cerca il botto
Cosa deve fare, l'italiano poveraccio, prendere mazzate e star zitto, non esercitare il suo ruolo di cittadino, non cercare vie d'uscita e nemmeno ribellarsi, perché poi finisce con i violenti?
Cosa deve fare, l'italiano poveraccio, prendere mazzate e star zitto, non esercitare il suo ruolo di cittadino, non cercare vie d'uscita e nemmeno ribellarsi, perché poi finisce con i violenti?
Marcello Veneziani - Sab, 17/11/2012 - 07:00
Voi prendete un italiano di qualsiasi età, residenza, ceto, sesso, orientamento politico.Si trova schiacciato tra la morsa di un governo tecnico, che lui non ha voluto e che lo ha ridotto al ruolo di debitore eterno (dico eterno perché lo spremono per pagare gli interessi sui debiti, non per cancellare i debiti stessi), e di una classe politica corrotta e incapace di tutto: di tagliare i suoi costi, di presentare una credibile alternativa ai tecnici o anche solo di concordare una legge elettorale decente.
Se si barrica in casa e si chiude in se stesso, la Malaitalia infierisce lo stesso su di lui senza pietà; non può risolvere a livello individuale i suoi problemi. Se invece rende pubblica la sua protesta, si unisce al popolo e scende in piazza, i facinorosi rendono criminale la sua sacrosanta rabbia. Non ha prospettive di svolta col voto ma solo la possibilità di tradurre il vomito in voto, che è la sua contrazione civica: vota Grillo, che è come dire «Fate schifo». Ma non fa un passo avanti nei suoi problemi, si è solo sfogato.
Cosa deve fare, l'italiano poveraccio, prendere mazzate e star zitto, non esercitare il suo ruolo di cittadino, non cercare vie d'uscita e nemmeno ribellarsi, perché poi finisce con i violenti? Non è mai capitato, credo, di trovarsi in una situazione così, senza sbocchi, senza ripieghi, di alcun tipo.
Quanto pensate che possa durare questa situazione? Tutti aspettiamo il botto. Di chi e di cosa non si sa. Rivoluzione di ciechi nella notte. O un miracolo italiano in primavera.
lunedì 12 novembre 2012
PER USCIRE DALLA CRISI
Per uscire dalla crisi italiana è urgente aprire una stagione di riforme di ispirazione democratica, popolare e liberale, legittimate dal voto di milioni di italiane e di italiani, in continuità con quanto di meglio ha realizzato il governo guidato da Mario Monti che ha avuto il merito di rasserenare il clima di intollerabile antagonismo della politica italiana e di restituire prestigio e credibilità all'Italia.
Una tale soluzione non verrà dai partiti politici così come li conosciamo, ma da una presa di responsabilità corale di forze sociali, culture civiche e realtà associative capaci di contribuire attivamente alla rigenerazione e al governo della nazione.
La Seconda Repubblica, che si sta dissolvendo, lascia una pesantissima eredità di sfiducia nelle istituzioni e di distacco tra le stesse istituzioni e i cittadini. È in pericolo la stessa tenuta del paese, frammentato e preso dal pessimismo, con rischi di cedimento della coesione sociale e del vivere insieme.
Questa situazione richiede un urgente e radicale cambiamento della politica e una sua estesa apertura alla società civile, premessa per ogni tentativo di ricostruzione morale, politica ed economica del paese.
Crediamo che i cittadini italiani meritino un'Italia migliore, che ispiri fiducia, prenda sul serio ogni legittimo desiderio di benessere, non abbandoni nessuno. È indispensabile recuperare la speranza e attivare risorse e pensiero contro la lettura vittimista del nostro presente e del nostro futuro. Nel nostro paese da troppo tempo non si riescono a mobilitare le passioni e le idee e istituzioni ingessate hanno perso la loro funzione vitale.
Crediamo che il nostro paese non sia condannato a vivere di furbizie ed espedienti ma possa prosperare sui propri talenti e le proprie virtù, scommettendo sul potenziale di chi è attualmente escluso dalle opportunità di crescita e sviluppo a partire dai giovani e dalle donne.
In questo momento di crisi dobbiamo stringerci attorno alla nostra casa comune. È indispensabile abbandonare definitivamente l'idea e la pratica di uno Stato pervasivo ma inefficiente. Dobbiamo concentrare tutte le risorse pubbliche sui cardini che costituiscono la missione fondamentale dello Stato e delle sue articolazioni. Occorre restituire dignità al lavoro sia come servizio pubblico che come intrapresa privata, tornare a considerare i cittadini singoli e associati e le famiglie come protagonisti e responsabili del bene comune e tutelare i più deboli.
Crediamo che sia necessario rispondere subito alla crisi di fiducia dei cittadini verso le istituzioni rafforzando i processi democratici e la loro trasparenza, contrastando la corruzione, potenziando la vigilanza sui conflitti di interesse che rappresentano una vera minaccia per qualsiasi società giusta e libera.
Sottolineiamo il valore della sussidiarietà per ogni progetto di rinascita civile ed economica del paese, come un’idea forte della persona e del valore della sua iniziativa anche in risposta ai nuovi bisogni.
Crediamo nel valore della coesione sociale e riteniamo necessaria una profonda riforma del modello di welfare, come generatore di opportunità e strumento di promozione umana.
Crediamo che il ritorno alla crescita dell'economia italiana possa venire soprattutto dalla riduzione della pressione fiscale, premiando il lavoro, la produzione e la cultura come i fondamentali motori di sviluppo della nazione.
L'Italia può e deve tornare a giocare in attacco, come nei momenti migliori della sua storia: tornando ad essere un territorio accogliente per l'impresa e gli investimenti, accettando la sfida dell'internazionalizzazione e dell'innovazione e rafforzando i legami di cooperazione tra lavoratori e imprenditori.
Davanti alle molteplici sfide della globalizzazione, la politica italiana deve abbandonare ogni provincialismo e darsi una visione del proprio ruolo nel futuro, investendo sull'unità europea quale via maestra per affrontare i problemi del XXI secolo.
L'Italia può e deve tornare a giocare in attacco, come nei momenti migliori della sua storia: tornando ad essere un territorio accogliente per l'impresa e gli investimenti, accettando la sfida dell'internazionalizzazione e dell'innovazione e rafforzando i legami di cooperazione tra lavoratori e imprenditori.
Davanti alle molteplici sfide della globalizzazione, la politica italiana deve abbandonare ogni provincialismo e darsi una visione del proprio ruolo nel futuro, investendo sull'unità europea quale via maestra per affrontare i problemi del XXI secolo.
NOI DI DESTRA 1° INCONTRO
VI ASPETTIAMO NUMEROSI, CONFERMARE SU FB LA PRESENZA
https://www.facebook.com/events/444181295640625/
Un Paese in preda a Paurology
Ma che Paese siamo diventati? Abbiamo aderito in massa alla setta spaventata di Paurology e viviamo ogni allerta con terrore preventivo: allarmi atmosferici, medici, economici, allegorici. Da Genova a Roma e a sud chiudono scuole e uffici nel timore di catastrofi eventuali. Temiamo il Terremoto, e arrestiamo gli scienziati se non sono abbastanza stregoni da predire con precisione la Sfiga.Temiamo l’Alluvione e temiamo l’Infezione, temiamo il sole e il mare, le slavine e i cicloni altrui, a volte anche la collisione di pianeti.
La chiamano prevenzione, ma è fifa cosmica. Temiamo la malavita, organizzata e improvvisata; temiamo guardie e ladri, sia guardie di finanza o polizia che ladri in casa e fuori; temiamo il fisco,gl’immigrati,la crisi economica e il gatto mammone. Temiamo di finire come la Grecia, abbiamo paura di spendere e pure di tenerci i soldi; temiamo di perdere tutto anche se nullatenenti.
I sacerdoti di Paurology imperversano nei media, in tv, nel web e trasmettono il contagio come il virus dei computer.
Viviamo come quei vecchi che hanno perso uso di mondo e si barricano in casa, tra allarmi, porte blindate e catenacci. Un po’ di fatalismo, diamine. Per ogni malcapitato di cui parlano i giornali ci sono migliaia di persone che vivono tranquille. Su, credete almeno alla statistica. Certo, prima o poi succederà... Gli americani credono ancora alla favola del meglio che deve ancora venire, noi invece abbiamo un timore maligno che ci stronca prima ancora di colpirci. Ci tumuliamo da vivi per prevenire la morte.
Viviamo come quei vecchi che hanno perso uso di mondo e si barricano in casa, tra allarmi, porte blindate e catenacci. Un po’ di fatalismo, diamine. Per ogni malcapitato di cui parlano i giornali ci sono migliaia di persone che vivono tranquille. Su, credete almeno alla statistica. Certo, prima o poi succederà... Gli americani credono ancora alla favola del meglio che deve ancora venire, noi invece abbiamo un timore maligno che ci stronca prima ancora di colpirci. Ci tumuliamo da vivi per prevenire la morte.
giovedì 13 settembre 2012
Monti scarica Casini
Giuseppe Pisanu, detto Beppe, Cirino Pomicino e Ciriaco De Mita insieme fanno 230 anni di età, dei quali 130 passati in parlamento. In carriera tutti e tre, chi più chi meno, sono finiti in guai giudiziari ed avevano ruoli importanti quando i partiti accumulavano tangenti e lo Stato debito pubblico à gogo. Politici di professione, lavori zero, hanno avuto stipendi, privilegi e pensioni che li pongono nella top ten della Casta. Casini, che di anni ne ha solo 57 ma che da ben 30 fa solo il deputato, li ha arruolati e voluti ieri in prima fila alla chiusura del congresso fondante di «Italia», il nuovo partito che si pone in alternativa alla politica tradizionale.
Non siamo su Scherzi a parte , accade davvero nel circo impazzito della politica che tenta di sopravvivere a se stessa. Il partito più gerontocomio d’Italia, anagraficamente e politicamente parlando, ha cambiato nome e sta facendo la corte a Mario Monti e ai suoi uomini. Casini non sta più nella pelle di fare, dopo aver brigato trent’anni con la politica, lo sponsor dei tecnici. Non è pentito, è solo furbo e senza vie d’uscita non volendo allearsi col centrodestra e non potendo allearsi con una sinistra zeppa di comunisti. Monti è il suo nuovo faro, per la prima volta il Casta-diva Casini è disposto a uscire dal cono di luce del riflettore principale. Ma tanto entusiasmo, al momento non sembra ricambiato. Ieri Monti lo ha gelato con una delle sue battute da professore carogna. «Casini? Ricordo che fu colpa sua se non fui confermato ministro europeo nel 2004», ha detto in sintesi il premier. Il fatto è noto. Berlusconi voleva confermare Monti in Europa, ma Casini si oppose, minacciando di uscire dall’allora maggioranza di centrodestra. Il nobile motivo era che Casini doveva piazzare il suo amico Rocco Buttiglione, e tanto fece che ci riuscì. Sì, avete letto bene: Rocco Buttiglione scalzò d’ufficio Mario Monti, ma combinò tanti e tali casini (con la minuscola) che non riuscì neanche a insediarsi, primo caso nella storia europea, nel governo di Bruxelles.
Questo è Casini, questi sono i suoi compari su cui dovrebbe contare Monti per restare a Palazzo Chigi. Che dire se non: buona fortuna, signor presidente.
mercoledì 1 agosto 2012
Il nostro e vostro documento
31/07/2012
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Associazione
NOI di DESTRA ITALIA
http://www.noididestra.it/
L’associazione culturale Noi di destra intende dare un contributo al Paese nel particolare momento di difficoltà che attraversa sottoponendo al governo centrale proposte concrete basate sostanzialmente su temi quali il contenimento della spesa pubblica, il recupero di risorse, il rilancio dell’economia.
Gli interventi che seguono, elaborati per un periodo di 24 mesi, sono frutto del confronto maturato tra gli iscritti e intendono divenire materia di spunto per gli organi competenti
Riduzione del 30% delle indennità a deputati e consiglieri regionali
Riduzione dell’80% delle auto blu
Contributo di solidarietà nazionale del 5% dai cittadini aventi redditi compresi tra i 200.000 e un 1000.000 di euro, del 10% oltre il milione
Pagamento con buoni del tesoro per chi percepisce più di 3.000 euro al mese di pensione
Riduzione della pressione fiscale per gli istituti di che offrono credito agevolato al mondo produttivo
Equitalia: rateizzazione obbligatoria da 72 a 120 mesi
Blocco totale dell’immigrazione, sospensione temporanea della legge Bossi-Fini
Revisione studi di settore al ribasso
Riduzione dell’iva per l’acquisto di immobili da 4 a 0 e dal 20 al 10 per le nuove costruzioni
Incentivi per l’acquisto di auto nuove non inquinanti fino a 1600 cc
Diminuzione del carico fiscale per l’approvvigionamento dell’energia elettrica alle aziende
Tetto massimo fissato entro i 300.000 euro per emolumenti a favore di Dirigenti Pubblici di ogni ordine e grado
L’ Associazione
NOI di DESTRA ITALIA
lunedì 23 luglio 2012
IL PARTITO che VORREMMO Partiamo dalle cose concrete: Lo STATUTO . Onorevoli Parlamentari e Regionali non possono essere candidati a cariche di Partito. Possono fare max 2 mandati e poi tornano nel Partito per almeno una legislatura. Coordinatori Provinciali e di Circolo non possono partecipare ad elezioni e il potere decisionale spetta agli esecutivi regolarmente convocati. Bilanci trasparenti . IL PROGRAMMA . Una Destra possibile, realista aperta a tutto il mondo del centrodestra che vuole mantenere il sistema bipolare. Realmente liberale in economia senza assintenzialismi finalizzati al consenso ma con l'assoluta salvaguardia delle fasce " realmente " deboli. Nessuno che lo merita verra' lasciato solo. E soprattutto un vero , sentito NAZIONALISMO da cui far discendere tutti gli atti politici anche impopolari. Se nascera' un Partito cosi ci vedra' al suo fianco. Moreno
domenica 22 luglio 2012
mercoledì 18 luglio 2012
modulo adesione
Per la richiesta di adesione e del modulo scivere a noididestra2012@libero.it
LIBERA ASSOCIAZIONE
CULTURALE
RICHIESTA DI
ADESIONE 2012
Cognome
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Nome:
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Indirizzo (via, p.za, etc.)
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Comune di:
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C.A.P.: Provincia:
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Luogo e Data di
nascita: / /
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Telefono cellulare:
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Telefono ufficio:
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Telefono abitazione:
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Fax:
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E-mail:
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Contatto :
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Professione:
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Sesso:
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Maschio
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□
Femmina
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Coniugato:
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Titolo di studio:
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Esperienze precedenti:
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Dichiaro di
accettare le norme della Statuto. Autorizzo altresì il trattamento dei dati
personali sopra
riportati per comunicazioni legate all’attività del movimento.
riportati per comunicazioni legate all’attività del movimento.
Data …………………………………….………………
Firma
|
Il
Presidente dell’Associazione
FIRMO MORENO
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lunedì 16 luglio 2012
Il ritorno del Cavaliere
Si profila la sesta campagna (elettorale) d’Italia per Silvio Berlusconi. Lo scrive ilCorriere della Sera. Secondo i sondaggi, se scendesse di nuovo in campo alla testa di un «nuovo Pdl» (per il momento limitiamoci a chiamarlo così) il Cav avrebbe ancora un potenziale del 30 per cento, insufficiente per vincere le elezioni ma abbastanza consistente per condizionare qualunque ipotesi di alleanze dopo il voto del 2013. Qualche considerazione in ordine sparso.
Angelino Alfano ha chiuso. Non ha dato al centrodestra la riscossa di cui c’era bisogno. Il delfino resterà un eterno secondo. E con lui, forse anche quella folta pattuglia di 40-50enni che dovrebbero fare ala al Cavaliere, almeno secondo i suoi intendimenti, per «svecchiare» l’immagine del Pdl. I quali, non a caso, storcono il naso.
Berlusconi cerca una nuova immagine del centrodestra ma non scioglie i nodi politici di questi mesi sul governo Monti. Ancora manca un giudizio univoco sul tecnoesecutivo. Gli elettori vogliono messaggi semplici e diretti, e arriverà il momento delredde rationem, in cui i partiti dovranno esprimersi chiaramente su Monti e anche sul proprio operato, sia esso a sostegno o contrario. Beninteso, questa ambivalenza, questi tentennamenti riguardano tanto il Pdl quanto il Pd.
Ancora: sarà una partita giocata in difesa, tesa a contenere i danni più che a cercare la vittoria. Uno schema «catenacciaro», per usare una metafora calcistica: un modulo poco congeniale a Berlusconi, il quale ha sempre tirato le orecchie agli allenatori del Milan che non puntavano a giocare 90 minuti all’attacco. Non so se un Berlusconi «fuori ruolo» può esprimersi al meglio. Un ruolo di interdizione. Nel gioco degli scacchi, il ritorno del Cavaliere ha il sapore di una mossa che punta alla partita patta. Che però potrebbe aprire altre prospettive su altre scacchiere, compresa quella del Quirinale del dopo Napolitano.
Stefano Filippi
Angelino Alfano ha chiuso. Non ha dato al centrodestra la riscossa di cui c’era bisogno. Il delfino resterà un eterno secondo. E con lui, forse anche quella folta pattuglia di 40-50enni che dovrebbero fare ala al Cavaliere, almeno secondo i suoi intendimenti, per «svecchiare» l’immagine del Pdl. I quali, non a caso, storcono il naso.
Berlusconi cerca una nuova immagine del centrodestra ma non scioglie i nodi politici di questi mesi sul governo Monti. Ancora manca un giudizio univoco sul tecnoesecutivo. Gli elettori vogliono messaggi semplici e diretti, e arriverà il momento delredde rationem, in cui i partiti dovranno esprimersi chiaramente su Monti e anche sul proprio operato, sia esso a sostegno o contrario. Beninteso, questa ambivalenza, questi tentennamenti riguardano tanto il Pdl quanto il Pd.
Ancora: sarà una partita giocata in difesa, tesa a contenere i danni più che a cercare la vittoria. Uno schema «catenacciaro», per usare una metafora calcistica: un modulo poco congeniale a Berlusconi, il quale ha sempre tirato le orecchie agli allenatori del Milan che non puntavano a giocare 90 minuti all’attacco. Non so se un Berlusconi «fuori ruolo» può esprimersi al meglio. Un ruolo di interdizione. Nel gioco degli scacchi, il ritorno del Cavaliere ha il sapore di una mossa che punta alla partita patta. Che però potrebbe aprire altre prospettive su altre scacchiere, compresa quella del Quirinale del dopo Napolitano.
Stefano Filippi
Anche la concertazione è una boiata
Mario Monti ha avuto ieri il coraggio di dire ciò che molti pensano, ma che pochi osano pubblicamente affermare: «La concertazione è la causa di molti dei mali attuali». Il paradosso è che a smontare il mito della concertazione inventata venti anni fa da un tecnico come Ciampi sia un altro tecnico. Ha ragione Monti: l’idea che anche il minimo dettaglio della politica economica di un Paese sia da contrattare con sindacati e organizzazioni imprenditoriali si è rivelata un gigantesco errore. Perché la riforma delle pensioni, per citare un caso, votata dal Parlamento liberamente eletto avrebbe dovuto essere preventivamente contrattata con le parti sociali? Può piacere o no. Questo non è il punto. Ma per quale ragione (se non il recupero di qualche nostalgia corporativa e antidemocratica) le scelte economiche che riguarderanno le prossime generazioni debbono ottenere il preventivo assenso dei sindacati di oggi? Il Parlamento a che serve?
La condivisione della politica economica con le parti sindacali negli ultimi vent’anni ha prodotto più tasse, più spesa pubblica e meno sviluppo. Abbiamo assistito a una favolosa traslazione delle responsabilità per la quale i governi che si sono succeduti sono da condannare (e ce n’è ben donde), ma le parti sociali con cui hanno condiviso tutte le scelte sono ancora lì a dettare le ricette per uscire dall’impasse. Il bilancino dei pesi ha sempre visto i sindacati come azionisti di maggioranza della concertazione. Le loro organizzazioni si reggono in gran parte proprio sui loro informali diritti di veto nelle questioni di politica economica. Berlusconi si è scontrato nel ’94, quando il suo governo aveva ancora velleità riformiste, proprio con il blocco sociale della concertazione. Poi è sceso a patti. E si è visto che fine ha fatto. Ma la concertazione si regge anche sulla gamba datoriale: dei padroni, come si sarebbe detto anni fa. Non è un caso che ieri a criticare l’uscita del presidente del Consiglio, oltre ai sindacati, sia emersa la voce (solitamente silente) del leader di Rete Imprese Italia, l’artigiano Giorgio Guerrini. Le piccole imprese sono state massacrate dalla concertazione: fatta e tagliata per le grandi e per i pensionati. Ma il leader dei piccoli più che alla sua pasticceria probabilmente pensa al suo futuro politico. Le nottate a Palazzo Chigi fanno dimenticare anche ai più sani degli imprenditori la storia e le esigenze delle proprie botteghe. La concertazione ha ammazzato la separazione dei ruoli. Sindacati e imprenditori che pensano di fare i politici. Governi che non hanno il coraggio di adottare misure non condivise con i sindacati. E Parlamenti che votano norme già contrattate altrove.
Nicola Porro
La condivisione della politica economica con le parti sindacali negli ultimi vent’anni ha prodotto più tasse, più spesa pubblica e meno sviluppo. Abbiamo assistito a una favolosa traslazione delle responsabilità per la quale i governi che si sono succeduti sono da condannare (e ce n’è ben donde), ma le parti sociali con cui hanno condiviso tutte le scelte sono ancora lì a dettare le ricette per uscire dall’impasse. Il bilancino dei pesi ha sempre visto i sindacati come azionisti di maggioranza della concertazione. Le loro organizzazioni si reggono in gran parte proprio sui loro informali diritti di veto nelle questioni di politica economica. Berlusconi si è scontrato nel ’94, quando il suo governo aveva ancora velleità riformiste, proprio con il blocco sociale della concertazione. Poi è sceso a patti. E si è visto che fine ha fatto. Ma la concertazione si regge anche sulla gamba datoriale: dei padroni, come si sarebbe detto anni fa. Non è un caso che ieri a criticare l’uscita del presidente del Consiglio, oltre ai sindacati, sia emersa la voce (solitamente silente) del leader di Rete Imprese Italia, l’artigiano Giorgio Guerrini. Le piccole imprese sono state massacrate dalla concertazione: fatta e tagliata per le grandi e per i pensionati. Ma il leader dei piccoli più che alla sua pasticceria probabilmente pensa al suo futuro politico. Le nottate a Palazzo Chigi fanno dimenticare anche ai più sani degli imprenditori la storia e le esigenze delle proprie botteghe. La concertazione ha ammazzato la separazione dei ruoli. Sindacati e imprenditori che pensano di fare i politici. Governi che non hanno il coraggio di adottare misure non condivise con i sindacati. E Parlamenti che votano norme già contrattate altrove.
Nicola Porro
Una riforma elettorale al nero di seppia
Credo ai simboli e considero un segnale il crollo dell’affresco "l’Allegoria di Roma" l’altra notte, proprio in quella sala storica. Una spiegazione ce l’ho anche se i periti e i partiti la negheranno...
«A Roma ci siamo e ci resteremo »; è la frase chiave della politica italiana e campeggia non a caso nella sala della Lupa dove fu proclamata la Repubblica. Io credo ai simboli e considero un segnale il crollo dell’affresco «l’Allegoria di Roma» l’altra notte, proprio in quella sala storica. Una spiegazione ce l’ho anche se i periti e i partiti la negheranno: è stata la Seppia che ha sputato il suo nero inchiostro per salvarsi. Mi spiego. Da alcune settimane assistiamo a una danza indecente delle Seppie nei fondali della politica. Tutti chiedevamo la riforma della politica per abbattere i suoi costi e dimezzare la casta; per ripristinare il diritto costituzionale di scegliersi i propri rappresentanti; per varare un sistema elettorale che consenta governi stabili e duraturi.
I partiti si dettero tre settimane per raggiungere un accordo. E può darsi che un accordo, implicito o segreto, ci sia, ma opposto alle aspettative: lasciare tutto come prima, salvo cosmesi.
Ogni giorno i partiti spruzzano proposte divergenti e strabiche, alcune troppo pretenziose, altre devianti. Il risultato finale è il nero seppia. Ciascun partito-seppia spruzza il suo inchiostro, disperde gli astanti e fa perdere di vista gli obbiettivi. Oggi nessuna vera riforma è praticabile, i tagli promessi non ci saranno, le Camere resteranno praticamente le stesse. I polpi parlamentari sono contenti: la Seppia Madre, benché bollita, ha salvato i suoi cuccioli. Anche se crolla tutto, la Repubblica e il suo affresco, «a Roma ci siamo e ci resteremo». Che idiozia e che schifo.
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