“Pare bbona…” – è subito finito su Twitter l’apprezzamento di quel giornalista parlamentare, a Montecitorio, davanti al manifesto di Giorgia Meloni. E subito ha animato il dibattito – a parte lo sproposito cartaceo sui muri di Roma, ecco il punto centrale: Photoshop o buona luce? è lei o non è lei? Sicuro che è lei! L’ex ministro che ha deciso di buttarsi nel mare incerto (mar nero, mar morto, mar rosso che da un momento all’altro potrebbe richiudersi su di lei, facendole fare una fine da biblico esercito del faraone) delle primarie più scalcinate della storia occidentale, ha mandato anche un suo tweet per rivendicare e rilanciare: “Dicono sia una foto taroccata. Ma è una foto fatta durante una premiazione. Per caso: sono così brutta dal vivo?”. C’è chi giura che così è, tanto di presenza tanto di stampa, “ti ho vista dal vivo a Bologna, sei davvero una bella ragazza”, chi l’ha paragonata a Olivia Wilde, articoli dove si assume una posizione, diciamo, centrista, “sebbene sia una piacevole bellezza del tutto suscettibile di svariate opinioni”. Sul sito di Repubblica l’ormai noto suo manifesto viene incoronato quale “poster stile Pulzella d’Orléans” – e in effetti la felice posa e il fortunato scatto visivamente la pongono tra la Milla Jovovich del film di Besson e la Veronica Lake, con ciocca bionda che sfiora le ciglia, di hollywoodiana memoria. Ma almeno, in mezzo a tante finte partenze – andiamo, non andiamo, un momento, si parte, fermi tutti, contiamo fino a dieci – la Meloni si è buttata davvero.
E mentre si registra lungo la penisola il sorgere libero e giocondo di comitati a suo sostegno, da Lecco al Tavoliere – a Foggia spicca quello per “Giorgia Meloni premier” – oltre il plauso entusiasta di Oscar Giannino, che alla sua bionda chioma riconosce pubblicamente una freschezza negata al pur ben fornito apparato tricologico montezemoliano, lei da ogni muro con piglio intrigante scruta, lo sguardo che salta direttamente sopra la testa del passante per posarsi sull’orizzonte incerto eppur speranzoso. “Senza paura” è lo slogan scelto per la sua campagna – che si potrebbe credere preso in prestito dalla Vanoni (“ma passa per il buio senza paura / ma passa per l’amore senza paura”), mentre in realtà è quello dell’ultima edizione di Atreju, quest’anno marinata nel settembre scorso dal Cav. – doveva decidere cosa fare con la sua candidatura: sempre lì stiamo. Ecco, Giorgia ha questa irresistibile tendenza al fantasy (del resto, oggettivamente, poche cose hanno la caratura del fantasy come le primarie del Pdl), dove l’italica penisola può benissimo esser metafora della Terra di Mezzo, così che come suo portafortuna ministeriale figurava una statuetta di Gandalf immortalata su Panorama, e ogni anno si replica l’omaggio a ridosso del Colosseo ad Atreju, il bambino “Figlio di tutti” della “Storia infinita”, e infine, se uno va a cercare nel suo blog, trova in bella vista una citazione tratta da “Il trono di spade”: “Forse è quello il segreto: non tanto cosa facciamo, quanto perché lo facciamo”. All’ardimento spinge, un simile miscuglio letterario e immaginario, alla sfida, al salto, alla bella causa.
C’è chi ha evocato un ticket con Alfano (in due fanno, più o meno, l’età del Cav., che con indomito spirito arzillo ha invece rimesso mano a Forza Italia, come certi nostalgici ritirano ogni tanto la gloriosa Cinquecento fuori dal garage), ma per ora, tosta e solitaria, Giorgia si è avviata – a nome degli hobbit tutti, e di sicuro della “meglio gioventù d’Italia” che consacrò nel volume “Noi crediamo”, così da non lasciare la faccenda solamente appaltata alla controparte di sinistra epicamente rappresentata dal film di Marco Tullio Giordana. Una volta al Cav. rimproverò polemica il gran proliferare di cactus dalle sue parti, “i cactus come modo di rappresentarsi, come forma di ostentazione” – dal Cav. stesso, probabilmente, in questi giorni difficili intesi come più calzante e prosaica metafora della sua stagione politica. La candidata Meloni vanta una collezione di centinaia di angeli e garantisce sulla presenza di quello custode – che ora, a decisione presa e manifesto affisso, non ha più, né creatura celeste poteva oggettivamente avere, le antiche amichevoli sembianze di Gasparri, né quelle di La Russa.
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