domenica 2 novembre 2014

da Destra....!!!

Noi di destra. L’idea del governissimo PD-PDL fa ribrezzo, ma qual è l’alternativa?

Noi di de­stra siamo schi­fa­ti al­l’i­dea di fare un go­ver­nis­si­mo con il Par­ti­to De­mo­cra­ti­co che per due mesi ci ha tra­sci­na­ti in un ma­ra­sma isti­tu­zio­na­le sto­ri­ca­men­te ver­go­gno­so, so­prat­tut­to da­van­ti alla crisi. E la vo­glia di dire NO a qual­sia­si in­ciu­cio con la si­ni­stra è tanta. Più di quan­ta ce ne sia a si­ni­stra, che di in­ciu­ci, ri­bal­to­ni e go­ver­nis­si­mi ne hanno la cul­tu­ra. Ma la do­man­da che un cit­ta­di­no che vota a de­stra do­vreb­be porsi è que­sta: l’al­ter­na­ti­va?
Fa­ci­le dire: “voto”. È la prima cosa che viene in mente. La lo­gi­ca de­mo­cra­ti­ca im­po­ne que­sto modo di pen­sa­re: o go­ver­na chi vince o si vota se non può. Del resto, è inam­mis­si­bi­le che un go­ver­no sia fatto da co­lo­ro i quali, fino al gior­no prima le ele­zio­ni, si da­va­no bat­ta­glia a suon di slo­gan. Ed è al­tret­tan­to inam­mis­si­bi­le che un go­ver­no venga fatto in­sie­me a chi non si stima e del quale non ci si fida. E que­sto è il caso del PD e del PDL.
Poi, certo, ognu­no può fa­cil­men­te con­clu­de­re che sono tutti ugua­li e che alla fine le scher­ma­glie sono solo di fac­cia­ta. Il gril­li­smo usa que­sto ar­ti­fi­cio re­to­ri­co per di­stin­guer­si della massa, ma la ve­ri­tà è ben più com­ples­sa. In­dub­bia­men­te ci sono molte più cose che ac­co­mu­na­no il cen­tro­de­stra e il cen­tro­si­ni­stra, più di quan­te li di­vi­da­no, ma quel­le poche cose che li se­pa­ra­no sono pe­san­ti e direi per­si­no de­ter­mi­nan­ti. Al­tri­men­ti non sta­rem­mo qui a scri­ver­ci su.
La que­stio­ne dun­que è tutta isti­tu­zio­na­le. È la no­stra Co­sti­tu­zio­ne, prima di tutto, che fa­vo­ri­sce gli in­ciu­ci e i go­ver­nis­si­mi. San­cen­do una forma di par­la­men­ta­ri­smo spin­to con un Go­ver­no su­bor­di­na­to com­ple­ta­men­te (e ir­ra­gio­ne­vol­men­te) alla vo­lon­tà delle Ca­me­re, af­fin­ché que­sto possa na­sce­re deve ot­te­ne­re la fi­du­cia di en­tram­be, e la fi­du­cia la si ot­tie­ne a mag­gio­ran­za. Per­ciò, se una mag­gio­ran­za po­li­ti­ca manca nel campo “vin­ci­to­re”, si è co­stret­ti a cer­car­la nel campo av­ver­sa­rio. Non esi­sto­no al­ter­na­ti­ve, tran­ne il voto (se­me­stre bian­co per­met­ten­do).
E se poi il voto è ba­sa­to su un mec­ca­ni­smo che non per­met­te una vit­to­ria netta per chi non ot­tie­ne molti voti? La que­stio­ne al­lo­ra si com­pli­ca. Per­ché il por­cel­lum (ed è que­sta, pa­ra­dos­sal­men­te, la sua forza) im­pe­di­sce pro­prio che si possa vin­ce­re per uno scar­to mi­ni­mo di voti. Cosa buona e giu­sta na­tu­ral­men­te, ma fino a un certo punto. Il ri­sul­ta­to lo ab­bia­mo sotto gli occhi.
Dun­que, par­la­men­ta­ri­smo spin­to e vo­ca­to al­l’in­ciu­cio + legge elet­to­ra­le pen­sa­ta per im­pe­di­re vit­to­rie ri­si­ca­te non pos­so­no che es­se­re un mix mi­ci­dia­le per la no­stra go­ver­na­bi­li­tà. Con­se­guen­za? Go­ver­nis­si­mo o voto. Ma il voto non è sem­pre la mi­glio­re so­lu­zio­ne se l’I­ta­lia ha bi­so­gno di es­se­re go­ver­na­ta e non di es­se­re cac­cia­ta an­co­ra una volta den­tro la ca­bi­na elet­to­ra­le. Il go­ver­nis­si­mo di­ven­ta per­ciò una scel­ta sì ob­bro­brio­sa, ma co­mun­que ob­bli­ga­ta. Ob­bli­ga­ta per Co­sti­tu­zio­ne e per ne­ces­si­tà.
È inu­ti­le per­tan­to la­men­tar­si o scan­da­liz­zar­si. Forse en­tram­bi i  sen­ti­men­ti hanno una loro ra­gio­ne quan­do il go­ver­nis­si­mo è fatto per im­pe­di­re alla parte po­li­ti­ca vin­ci­tri­ce di go­ver­na­re (vedi Go­ver­no Ber­lu­sco­ni e uso po­li­ti­co dello spread), ma non quan­do og­get­ti­va­men­te quel­la parte po­li­ti­ca non ha i nu­me­ri per reg­ge­re un con­fron­to in Par­la­men­to (vedi Go­ver­no Ber­sa­ni morto nella culla). Al­lo­ra, sep­pu­re non sia mo­ral­men­te giu­sto, è co­mun­que ac­cet­ta­bi­le, al­me­no per un certo pe­rio­do di tempo. Il resto è solo be­ce­ro po­pu­li­smo.
Il che mi porta a con­clu­de­re che l’at­tua­le si­ste­ma co­sti­tu­zio­na­le è del tutto ina­de­gua­to alla di­na­mi­ci­tà della po­li­ti­ca ita­lia­na. È un si­ste­ma trop­po ri­gi­do, ma allo stes­so tempo è anche trop­po fles­si­bi­le, poi­ché ca­pa­ce di crea­re delle vere e pro­prie biz­zar­rie po­li­ti­che. Anche negli altri paesi esi­sto­no i go­ver­nis­si­mi (al­me­no in quel­li a forma par­la­men­ta­re), ma sono rari e le­ga­ti a par­ti­co­la­ri even­ti. Da noi in­ve­ce ri­schia­no di di­ven­ta­re la re­go­la che svi­li­sce l’i­den­ti­tà po­li­ti­ca e le scel­te de­mo­cra­ti­che dei cit­ta­di­ni. So­prat­tut­to quan­do sono im­po­sti (ma que­sto non è il caso) senza una reale ra­gio­ne po­li­ti­ca e isti­tu­zio­na­le.
Non è così che deve an­da­re. L’I­ta­lia ha bi­so­gno di Go­ver­ni che non siano sem­pre il frut­to di un com­pro­mes­so tra­sver­sa­le; com­pro­mes­so non sem­pre ca­pi­to dai cit­ta­di­ni. Ecco per­ché la so­lu­zio­ne pre­si­den­zia­le è quel­la giu­sta. Dob­bia­mo fare uno sfor­zo di ma­tu­ri­tà per tro­va­re una sin­te­si ca­pa­ce di ri­di­se­gna­re la no­stra Co­sti­tu­zio­ne. Il no­stro paese ha il sa­cro­san­to di­rit­to di avere Go­ver­ni sta­bi­li, du­ra­tu­ri e forti. La no­stra in­trin­se­ca de­bo­lez­za isti­tu­zio­na­le si ri­per­cuo­te (e non poco) nei rap­por­ti in­ter­na­zio­na­li e crea sfi­du­cia nei cit­ta­di­ni, al­lon­ta­nan­do­li dalla po­li­ti­ca. Il par­la­men­ta­ri­smo spin­to, im­po­sto sul­l’on­da del­l’an­ti­fa­sci­smo, oggi è solo un in­gom­bro ed è pa­le­se­men­te fal­li­to, per non dire bol­li­to.

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