Se oggi si andasse a votare, sei elettori su dieci non saprebbero chi scegliere (sondaggio Demetra- Sole24 Ore). Metà dell'elettorato, oltre il 50%, si dichiara schifata dei partiti e pronta a disertare le urne in caso di elezione.
La rabbia e la disillusione nei confronti della classe politica attuale cresce di giorno in giorno, e va detto che gli stessi partiti fanno di tutto per allargare il fossato fra il Paese e gli eletti, fra i rappresentanti delle istituzioni e la vita quotidiana della gente. Continuano imperterriti nella difesa ad oltranza di privilegi, corporativismi, insultanti giustificazioni di comportamenti e stili di vita che non sono altro che latrocini e dilapidazione di risorse pubbliche.
In più si aggiunge la pesantissima crisi economica, che aggrava drammaticamente la situazione delle famiglie e del lavoro, e che esigerebbe risposte concrete fatte di esempio, credibilità, coraggio, fermezza delle scelte e sguardo rivolto al futuro. In una parola sola: responsabilità.
In questo clima da Pompei della politica italiana, dove tutti i partiti sono in caduta libera di consensi, e segreterie e comitati centrali si muovono come formiche impazzite in un formicaio ormai andato distrutto, è facile che i primi a giovarsene siano i movimenti dell'anti-tutto, del grida-più-forte e sparala-più-grossa, di cui il Cinque Stelle di Beppe Grillo è il capofila, ma che annovera i vari «movimenti per la gente» come quello del patron del Palermo Zamparini, ma pure le urla apocalittiche e sconclusionate dei Di Pietro di turno o le incitazioni alla rivoluzione dei duri e puri alla Landini, con tanto di intellettuali da salotto a tener bordone.
Dopo vent'anni di populismo televisiv-peronista, il ricorso all'emergenza di un governo di tecnici per scongiurare la bancarotta sembrava aver insegnato agli italiani che la politica dei descamisados non porta da nessuna parte, e chi si presenta per abbattare «Roma ladrona» spesso è più ladrone degli altri e ai costumi romani fa in fretta ad adattarsi, trovandosi comodamente a proprio agio.
Invece niente, gli italiani ancora una volta sembrano chiedere alla politica di fare soltanto show, intrattenimento, spettacolo da distrazione per non pensare ai problemi concreti e ai cambiamenti necessari. L'ultima di Grillo, che ha raccolto scroscianti applausi, è l'impegno ad uscire dall'euro e a non pagare più il debito pubblico, dimenticandosi che sarebbe la rovina dei risparmiatori italiani e il fallimento dello Stato, che non potrebbe pagare più pensioni e stipendi pubblici. Ma tant'è, chi più la spara in questo momento, più raccoglie battimani. Compreso il sindacato che chiama a raccolta per lo sciopero generale (a che fine? con quale obiettivo? con quali risultati previsti), quando tutti gli scioperi generali degli ultimi anni hanno dimostrato di non aver cambiato una virgola della crisi in atto, e mai come oggi l'economia e i lavoratori hanno bisogno di produrre e garantire reddito per tenere in piedi la baracca (anche delle famiglie).
L'Italia del dopoguerra e della ricostruzione non è stata portata avanti con vuoti «movimenti della gente» (e sì che il qualunquismo di Giannini e di Lauro, e il movimento dell'«Uomo Qualunque» c'era anche allora), ma dalla quotidiana concretezza di figure politiche come De Gasperi, che non pensavano alla successiva elezione ma alla successiva generazione. Di questo oggi c'è bisogno, di responsabilità della politica, a destra come a sinistra, di progetti chiari e non estremisti, di volontà riformista, del passo dopo passo, sapendo che il cambiamento ha tempi lunghi, ma va incardinato oggi, con scelte che porteranno i loro effetti benefici domani.
Dopo vent'anni di populismo e demagogia, imboccare di nuovo la via dell'irresponsabilità della politica significherebbe la fine del Paese, annullando la fatica e i sacrifici che lavoratori e pensionati si sono assunti sulle proprie spalle per dare una svolta all'Italia.
Non possiamo permetterlo, rincorrendo il primo avventuriero parolaio che passa.
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia un tuo commento