lunedì 17 giugno 2013

Papa Francesco


Per la Chiesa, soprattutto oggi, occorre un papa come Francesco, perché parla a tutti e riporta la fede alla sua originaria, puerile simplicitas

Da tre mesi seguo con attenzione i gesti e i messaggi di Papa Francesco e non ho ancora risolto il suo vero mistero: sta davvero compiendo una svolta radicale di stile francescano o è la raffinata strategia di un gesuita per conquistare il consenso dei media e dei credenti? A sentirlo sembra che sia davvero così, l'apostolo del semplicismo, catechesi popolare fondata su precetti di santissima banalità, che a volte sfiorano - ha ragione Messori - la demagogia.
La Chiesa povera, i dialoghi terra-terra, l'umiltà di un pastore che esorta la Chiesa a farsi povera, aborre il potere e la corruzione. Usa il karaoke con i fedeli, parla da bambino ai bambini, da umile agli umili. Ricorda che San Pietro non aveva un conto in banca (ma san Paolo ha persino una banca intestata a lui). Non c'entra con la teologia della liberazione, non è progressista, anzi bacchetta il politically correct, l'omofilia e l'aborto.
Ma non sai se in lui prevale il sudamericano espansivo e naïf o il gesuita con la sua saggezza mimetica e la sua astuzia clericale. Sentivo più vicino il tormento teologico e pastorale di Ratzinger che rispecchiava le inquietudini intellettuali del nostro tempo. Ma per la Chiesa, soprattutto oggi, occorre un papa come Francesco, perché parla a tutti e riporta la fede alla sua originaria, puerile simplicitas. Perciò mi auguro che non si fermi, non sia prudente come un gesuita, ma vada fino in fondo. Il papa è pescatore di anime semplici e il suo messaggio può bucare il cinismo di massa. Si si no no, Gesù Maria e così sia.

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